domenica 27 agosto 2017

Un doppio ribes con ghiaccio

Hanno un bel dire i complottisti, i sociologi, i filosofi e il barista qui sotto, che il Sistema sarebbe lì che lavora per mettere a punto tecniche di distrazione di massa sempre più efficaci: la musica nei supermercati, i social, le mille reti tv, i programmi di disimpegno costante, ... Hanno un bel dire per provare a convincermi che tutto trami perché non ci sia mai la possibilità di stare in silenzio, da soli, a pensare, ad annoiarsi, a chiedersi come va. Ma se così fosse, come la mettiamo con la coda in tangenziale? Perché il Sistema non mi mette in piedi una quadrupla corsia, se non vuole lasciarmi lì, ferma, in silenzio, I, me, and myself?

Si vedevano le montagne, e pensavo a quante frasi, a quanti gesti, sentiti, visti, vissuti, avessi interpretati in modo evidentemente sbagliato, in quante circostanze e con quante persone. Era un pensiero più generale che particolare, benché dal particolare fosse partito. Stavo facendomi questo à rebours tutto personale, e arrivavo alla conclusione di essere stata semplicemente molto molto distratta, niente di drammatico, solo una pervicace distrazione che mi aveva nascosto tanti piccoli avvertimenti che non sempre erano stati poi così piccoli.
Si vedevano le montagne, e mi immaginavo un sentiero dove qua e là, ogni tanto, compariva un cespuglietto di ribes, e ogni bacca era lì per essere colta, mancava solo l'etichetta Eat me come nel paese delle meraviglie di Alice, o forse c'era pure l'etichetta ad avvisarmi che quelli erano tanti piccoli caveat da cogliere, ma nella mia distrazione li avevo interpretati in modo sbagliato. Lungo certi sentieri ci si sforza, ma insensibilmente, per nascondere persino a noi stessi dubbi e titubanze. O almeno questa è la teoria a cui sono arrivata.
Ma chiederò conferma al barista qui sotto.


venerdì 18 agosto 2017

Il mio amico George (30)

"D'altronde era stata una tua idea quella di invitarla a pranzo, quel sabato", mi rimprovera George mentre, un po' sovrappensiero, guido verso casa.
"E dato che l'idea era stata tua, ti confesso che in più di un'occasione ero stato tentato dal piantarti lì a sbrigartela da sola. Sì perché parlare con lei mi dava la sensazione di sprofondare. Di sprofondare, lentamente, in fondo all'oceano. Un senso di oppressione progressivo, un buio via via più fitto. Che poi... Parlare... Si trattava più che altro di sentirla parlare, c'erano ben poche occasioni per intervenire e interromperla. Nemmeno ascoltarla avrebbe avuto alcun senso e, mia cara, spero proprio tu non lo stessi facendo. Non serve ascoltare chi ritiene di dover essere importante per tutti quelli che incontra".
Non potevo dargli torto, ci eravamo ritrovati a sistemare i piatti con un insolito senso di liberazione, non appena se n'era andata. Non potevo dargli torto nemmeno nel riconoscere che era stata una mia idea. Avevo invitato a pranzo una persona che, come l'aveva definita lui, pensava di dover essere importante per tutti quelli che incontrava.
Me n'ero resa conto alla frutta.

martedì 8 agosto 2017

Pensieri a carena asciutta

Di quella vastità che fa ridimensionare tutto il resto. Che, a trovarcisi di fronte, ogni idea appare semplice, finita.
Un'idea semplice come la cantilena senza senso che ripete ogni sera, ogni sera uguale, tanto da infondere una sorta di sollievo, da risvegliare una malinconia arcana.

Assomiglia alla cantilena del mattino. Ma solo a un orecchio distratto.