Io, seduta verso la mia destinazione; loro, diretti verso qualsiasi cosa decidessi di immaginare.
O forse diretti verso le rispettive abitudini, nate come un filo sottile, leggero, troppo leggero per accorgersi della sua esistenza, un filo che è destinato a diventare spesso e robusto, troppo robusto per essere tagliato.
L'abitudine che scivola nella monotonia, la monotonia di sé stessi, proiettata nel tutto attorno.
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose?
È impossibile dire ciò che intendo
- T. S. E. -