giovedì 30 marzo 2017

Forse

Sono poche le situazioni in cui riesco ad accorgermi e a sentire il simile in chi mi è dissimile. Pensava a questo mentre tentava di scorgere una poltrona per sedersi, facendo tuttavia attenzione a non prendere i posti che giudicava migliori, era una questione di priorità, o di educazione, insomma, meglio accontentarsi delle retrovie.
Forse vorrei essere migliore, si diceva, forse. Forse vorrei lasciare che si rompano, gli altri, su di me, come gocce di pioggia.

lunedì 27 marzo 2017

Un post al sole

Un inizio di giornata, ieri, di quelli che a essere di buon umore si sente il bisogno di uscire, possibilmente presto, quando l'aria è ancora un pochino pungente e i muscoli, freddini pure loro, capiscono da soli che è il caso di darsi una mossa. Per un concorso di colpa, poi, tra la pioggia notturna e il sole mattutino, tra un bel vento che tirava da, mi dicono, sud ovest (ma la cosa ha scarsa importanza, tanto da qualsiasi parte soffi, finisce sempre che i capelli devo pettinarli con le forbici) e la primavera che incalza, i colori erano così lucidi da sembrare nuovi, appena spacchettati, vivaci come poche volte si riesce a vederli.
Con queste premesse decidiamo, Efkt e io, di svegliarci con una passeggiata lungo un sentiero in mezzo ai colli. Non è che la cosa in sé sia particolarmente degna di nota: voglio dire, si è in due, si cammina e ci si racconta un riassunto degli ultimi otto anni, nel corso dei quali ci si era perse di vista. Ma? Appunto. Ma.
Capitano a volte episodi piccoli che interrompono il niente da segnalare, e in questo caso a farsene carico è stata una ragazza in perfetta tenuta da corsa (pardon, da running) che ci avvicina chiedendoci se possiamo, per favore, farle una foto mentre corre, è una giornata così bella!
Nel chiedercelo mi allunga l'iphone, già con la fotocamera attiva, e si allontana correndo. La situazione presentava dei tratti inequivocabilmente grotteschi, un tempo si prendeva qualcosa a qualcuno e si scappava con la refurtiva, ora si consegna un oggetto a un estraneo e si scappa, robe da non credere, spero che il codice penale sia stato adeguatamente rivisto. Mentre rapidi pensieri a sfondo sociologico e legislativo mi sfiorano il cervello, mi ritrovo a fare una mezza dozzina di foto, tutte uguali, a una tizia di spalle che corre. Grazie al cielo non fa più di cinquanta metri e ritorna a prendersi ciò che le appartiene, ringraziandomi calorosamente. Sorrisi. Saluti.
Guardo Efkt, che a propria volta mi guarda, entrambe con un'espressione che tradisce incredulità e un sarcasmo trattenuto. Ci limitiamo a rassicurarci a vicenda, oggi una persona riceverà i like di cui ha bisogno. E noi, con dissimulata amarezza, si è contribuito a renderla felice.

martedì 21 marzo 2017

Beautiful vulnerability

Entra in camera, George, mentre sto preparando la valigia con la mente curiosamente leggera. Sta mangiando una rotella di liquirizia, svolgendola con calma, lo sguardo insolitamente assente. Anche per i suoi standard, intendo, che pure sono abbastanza alti.
"Un giorno, chissà se ti ricordi, mio papà mi disse che se non ci fossi stato io sarebbe andato via. Eravamo vicino al ciliegio. Avrò avuto dodici, forse tredici anni".
Sì che mi ricordo, c'ero anche io, vicino al ciliegio. Ma decido di fingere di non conoscere quell'episodio, in modo che sia lui a raccontarmelo, perché sembra che abbia voglia di parlarmene.
E invece non dice nulla, resta lì, con la spalla appoggiata allo stipite della porta, gli ultimi centimetri di liquirizia in mano, gli occhi fissi sulla gonna che ho appoggiato sul letto, ma sa il cielo cosa sta guardando, in realtà.

Ci sono cose che non capisco, ma che non per questo giudico meno belle. Ho ripreso ad ascoltare i R.E.M. da un paio di settimane a questa parte. Non so per quale motivo li avessi accantonati, tant'è, mi rendo conto che non li ho mai capiti, giuro, i loro testi spettinati, le loro frasi a metà, non le ho mai capite: non lo so cosa possa provare una carpa in un lago ghiacciato, o che senso abbia spingere un elefante per una rampa di scale, non lo so, ma ci sono stralci, immagini, espressioni che evocano qualcosa, che per un istante suggeriscono un flash che dura un niente, poi ritorno a non capire nulla, come se stessi ricomponendo i pezzi di un sogno che mi sembrava sensato e ragionevole, e invece erano macchie di ricordi sfilacciati, valla a trovare, una trama, però sono belli, questi stralci, queste immagini di contare, a una a una le ciglia di due occhi che dormano, di andarsene in giro tenendo in mano flowers in full bloom (come la dici, in italiano? Fiori in piena fioritura? Non va, non va), di stare in ozio, a cercare di dimenticarti, o di aver trovato un modo per farti sorridere.

Ci sono cose che non capisco. Non capisco perché George mi racconti quel ricordo, dopo vent'anni. Uno stralcio. Ma dopo averlo detto, anche lui, sorride.

lunedì 13 marzo 2017

L'urgenza di raccontare

Aveva come un'urgenza di raccontare, di spiegarsi, di spiegare la propria storia a qualcuno e, al tempo stesso, a sé stesso. Un bisogno, umano, umanissimo, di essere capito. 
Sentito, per cominciare, e ascoltato. E capito.

Hanno caratteristiche comuni, coloro che vogliano parlare di sé, e non si può ascoltarli senza vederle. Lo sguardo che indugia sulle punte dei piedi, a cercare un filo narrativo a tratti logoro, le mani che tormentano uno scontrino o un bottone della giacca o che si tormentano da sole, le orecchie che a volte diventano rosse, giusto un poco, sulle punte.

E poi le frasi a metà, frasi che dovrebbero spiegare pensieri che tante volte ti sei detto, da solo, e che tu conosci così bene da trovarli ripetitivi, noiosi, e nell'urgenza salti da un'immagine a un'altra, da un ricordo a un altro, fino a non avere più chiaro perché ti trovi lì, a pensare a cose successe vent'anni fa, e a parlarne a un viso che non sbadiglia.

Annaspare tra le frasi che si rincorrono e accavallano, o lasciare che i ricordi riaffiorino, e abbandonarcisi.

mercoledì 8 marzo 2017

Grigi come la strada

Le stazioni, le sale d'attesa, i tavolini all'aperto dei bar.
Purché si possa vederle, le persone, vederle muoversi, interagire, gesticolare parlandosi, oppure stare da sole, ingegnarsi nell'ingannare il tempo, forti di armi elettroniche caricate con munizioni inesauribili.
Stamattina c'era quell'uomo, un attimo per intercettarne gli occhi di un grigio incredibile, sembrava ardesia, e non guardava nulla, o meglio, sembrava non stare guardando nulla, perso in pensieri che teneva sotto controllo continuando a tormentare il cappello, rigirandoselo tra le mani, e aveva qualcosa nel volto, ma non era ansia nell'attesa di essere chiamato dalla voce metallica che avrebbe scandito il suo numero, era un senso di sospensione, una quiete forse esito o forse prodromo di una tempesta.
Ma era quiete.
E lui, sommessamente, ne sorrideva.