mercoledì 28 dicembre 2016

Rossi.

Rossi.
A distogliermi, tra i colori, è la sorpresa dei papaveri.
Malconci, dopo la pioggia, o festosi e ignari.

Rossi, simbolo di sonno e oblio, dicono; della dimenticanza necessaria per rimanere, per essere presenti.

È dicembre, e mi mancano, i papaveri.


martedì 27 dicembre 2016

Il mio amico George (29)

"Ciò che mi fa accettare di entrare in un labirinto" mi confessa, dopo un paio di giorni in cui non si è fatto sentire, "è solo la speranza in una possibilità di uscirne.
Non possiedo un filo, le sole cose che mi consentono di seguire un percorso sono le mie parole e i silenzi. Le parole, e i silenzi, e le domande, spesso sbagliate, lo ammetto, ma sbagliare fa bene alla mia arroganza".

Ricordo Ende, l'avevamo letto entrambi una decina di anni fa.

"Ricordi" mi chiede "Ende? Ci sono labirinti da cui si può uscire solo se si è felici. Ma si è felici solo una volta che da quei labirinti si sia usciti".


martedì 20 dicembre 2016

L'empatia a coda

Non lo so mica se la responsabilità vada attribuita a Chi ha incastrato Roger Rabbit o alla pubblicità del Nespresso. O forse a nessuno dei due, eh. Il primo lo vidi da piccola, è passato tanto tempo, però magari proprio per questo riuscì a influenzarmi inconsciamente. La storia del caffè invece è più recente, e per di più ripetuta su un tempo tutto sommato relativamente lungo, la classicissima goccia che scava la pietra. Insomma, sia come sia, l'immagine che mi ritrovo in testa con una certa frequenza è quella del pianoforte, il pianoforte che, dal cielo, cade impietoso e imparziale in testa a qualcuno. E mi si ripresenta, 'sto pianoforte, con parecchia (mia) soddisfazione, in particolare con coloro che non siano in grado di praticarla nemmeno ai livelli minimi, l'empatia.

Lo so che, gira e rigira, finisco sempre e ripetitivamente lì, ma se non si è in grado di percepire la natura potenzialmente fragile di chi ci sta davanti, la sua vulnerabilità, allora un pianoforte in testa mi sembra una soluzione onesta. O, come alternativa meno sanguinolenta, una temporanea perdita della capacità di fonazione.
Perché a non lamentarsi, davanti a qualcuno su una sedia a rotelle, a non lamentarsi delle rampe di scale appena salite è capace, spero, chiunque. Riconoscere mancanze meno evidenti, invece, ed evitare di far pesare ciò che, a differenza di altri, si possiede, questo richiede attenzione, e impegno, ma non per questo è meno fondamentale per evitare di muoversi come panzer in un negozio di cristalli fragili. E vulnerabili.

lunedì 19 dicembre 2016

Profumo di dubbio

Avete mai assistito a una scena di qualcuno che voglia regalare un profumo a una persona della quale non conosca i gusti in termini di, per l'appunto, profumi? Non so come possa passare per la testa, ma succede. Tipicamente la persona in questione si farà guidare dai propri gusti, cosa del tutto priva di senso, dato che il destinatario del regalo potrebbe avere inclinazioni completamente diverse ma... Ma mi rendo conto che il passaggio che va dal piace a me all'è buono sia un sentiero tentatore pericolosamente in discesa.
Dovrebbero essere avvantaggiati in tutto ciò coloro i quali si rechino in due (A e B) a compiere un'azione di questo tipo. Sì perché in questi casi si comincia col primo tester spruzzato sulla prima striscia di prova che viene passata al Soggetto A. Segue scena tipica.

A, pensieroso: "Sì... Sì, mi piace. Tu che dici?", passando il tester a B.
B, ritraendosi schifato: "Mio dio, non lo metterei al cane!"

E qui, fossimo in un film, bisognerebbe giocare con le musiche e le luci, perché questo dovrebbe essere il momento dell'epifania, il momento in cui sia A sia B si rendono conto che non ha senso usare i propri gusti per scegliere un profumo per un'altra persona, dato che la variabilità interindividuale è vastissima, imprevedibile, incolmabile.
Ma non siamo in un film, niente luci, niente musiche. E niente presa di coscienza. I due continueranno imperterriti, mezzo litigando mezzo stupendosi dei gusti reciproci, e finendo col prendere qualcosa che convince poco entrambi, ma che almeno non fa schifo a nessuno dei due. Ma chi sarebbe pronto a scommettere che una reazione disgustata non verrà proprio al destinatario del regalo? Perché a nessuno dei due passa per la testa? Perché non allargare il ciò che piace a me non sempre piace a lui al ciò che piace a noi non necessariamente piacerà a lei?

Ho assistito anche a scene in cui gli amici coinvolti nella scelta erano in tre: qui le combinazioni diventano 2^3 se, semplificando, ammettiamo che le decisioni di ciascuno siano binarie (mi piace / non mi piace), quindi escludendo tutti i ripensamenti e le sfumature di insicurezza intermedia. Inverosimile.
Sono situazioni che possono trascinarsi per delle mezz'ore.

Non so se si sia mai verificata l'eventualità di quattro persone che cerchino di convergere sulla scelta di un profumo. Ma credo che nell'universo in cui ciò sia accaduto, il fluire degli eventi si sia incagliato in un loop senza uscita.

domenica 18 dicembre 2016

Un monologo a due

Stropicciarmi gli occhi è un'azione che faccio di rado. Credo significhi un misto di sono a casa, di sono struccata, di sono rilassata e non sto pensando a niente, ma proprio a niente, il brusio del mondo lo lascio fuori per un po'. Poi è un attimo venire interpretati in modo scorretto: in genere in queste circostanze si finisce col tenere lo sguardo rivolto a un orizzonte lontano, e uno spettatore poco attento potrebbe pensare che occhi che guardino così distante sottendano chissà quali riflessioni su chissà quali problemi e verità. Macché.
Proprio a questo niente stavo pensando, ignara di me stessa che giravo con meccanica abitudine il cucchiaino nella tazza del caffè, quando involontariamente ho cominciato a stropicciarmi un occhio. Se n'è accorta, in vece mia, mia mamma.

- Ti fa male un occhio?
- Eh? Occhio? No no, per nien...
- Dai, porta pazienza, sarà lo strascico dell'influenza.
- ...

Fortunatamente il niente era ancora lì ad aspettarmi.

domenica 11 dicembre 2016

Smettere di fumare - Il mio amico George (28)

"È un po' come andare in bicicletta, sai, niente di più: una volta che hai imparato a farlo, non te lo dimentichi".
Non sto più a cercare di capirli subito, i paragoni che si inventa George. Lo lascio andare, lo lascio raccontare.
"Di', te la ricordi la prima volta che hai smesso di fumare? Non ci conoscevamo da molto, ma il modo con cui prendesti la decisione, apparentemente pensando ad altro, distratta come sempre, mentre camminavi sotto i portici, mi lasciò capire che non scherzavi, avresti smesso. E così facesti, quella prima volta, così come poi le successive. Sempre per motivi diversi, una volta perché era ridicolo, una volta perché era sbagliato, o perché ti deconcentrava, o era inutile. Ma sei sempre riuscita a smettere, anche in modo definitivo, un paio di volte, se non addirittura tre. Ogni volta rimettendoci un po' di sonno, fame, e umore. Ogni volta trovando un po' di pace".

giovedì 8 dicembre 2016

Solo un'ombra

La diffidenza si spingeva a volte fino a rassomigliare alla paura, quella del capriolo che si nasconda non appena gli si presenti un'ombra. E chi glielo spiega, al capriolo, che si tratta quasi sempre solo di un ramo mosso dal vento?
La diffidenza si ripiegava, proiettandosi prima verso l'esterno, sugli altri, poi verso l'interno, così noto e familiare, quell'interno in cui sapeva muoversi come fosse a casa propria.


martedì 6 dicembre 2016

Gelida, la quiete

La nebbia, stasera, passava accanto alle luci, riempiendo vuoti di cui, prima, non si sarebbe notata l'esistenza. Dei vuoti, dico.
Non è semplice, non credo lo sia, rendersi conto dei vuoti.
Eppure la nebbia, stasera, riusciva a infilarcisi, elusiva. Riusciva a frapporsi tra me e le cose, tra me e la strada, tra me e i vuoti di cui non mi fa accorgere.

domenica 4 dicembre 2016

Fuori mercato

"Provi" mi consigliò "a non dare quella tinta malinconica, all'espressione del viso. Sarebbe un errore, molto comune, glielo concedo, in effetti è un errore che fanno in molti, specie nei momenti di distrazione, ha mai guardato le facce delle persone in coda alla cassa, al supermercato, per esempio, o appena si siedono in treno, sono pochi attimi, brevi, ma sono attimi in cui non c'è niente a cui pensare, il problema del dentifricio e dei biscotti, del binario e della carrozza è alle spalle, e quello delle borse da riempire o del bagaglio da recuperare deve ancora concretizzarsi, e allora lei le guardi, quelle facce, in quegli istanti, e vedrà che ce n'è qualcuna che cede alla malinconia, per qualcosa che manchi, o che non sia riuscita, o che sia riuscita e proprio per questo abbia perduto il proprio valore, e sono quelli gli attimi, brevi, di vulnerabilità.
Ma la vulnerabilità è fuori mercato, costa cifre irragionevoli, è meglio concedersela con parsimonia dato che, come capirà lei stessa, sono molto pochi coloro che se la possono permettere".