lunedì 25 luglio 2011

...che faccia rima con "potassio".

Stasera c'era un cielo bello, di quelli con un temporale da una parte e il cielo azzurro dall'altra e un po' di nuvole diverse buttate qua e là. Insomma, di quelli che mi fanno pensare "Se sapessi dipingere..." oppure "Se sapessi scrivere..." e tutti i vari Sesapessi del caso. Ma il punto non è tanto nei congiuntivi, quanto in un altro pensiero che mi è venuto in mente. Perché quello era uno di quei cieli che, in determinate giornate, a guardarlo, mi mette a disagio: scatta l'interruttore "Modalità saturnina attivata" e da lì è tutta in discesa. Invece stasera me lo guardavo e riguardavo senza remore, malinconie, virate al chisiamodadoveveniamodoveandiamo. E chissà perché, poi. Voglio dire, è provato empiricamente su di me che talvolta basta una cosa da nulla per spostarmi sullo stato d'animo del ritorno dalla gita.
I ritorni dalle gite li ricordo sempre col sole al tramonto (non si poteva tornare al mattino? Ho capito che per le gite da fare in giornata risulta un po' scomodo, ma il mio umore ne avrebbe beneficiato a palate), l'autista che guida verso ovest (un po' come Lucky Luke che alla fine di ogni storia se ne va con Jolly Jumper verso il tramonto cantando che lui è un cowboy solitario. Anche se non ricordo autisti cantanti), i gitanti più o meno barcollanti e privi di coscienza, salvo i pochi che a fine giornata erano più esaltati che al mattino. Tipo io. Per dirne una, di ritorno dalla Spagna al mattino non ho neanche pagato la colazione all'autogrill da quanto sonno avevo. Me ne sono resa conto che ormai eravamo in Francia (fuggita all'estero a mia insaputa). Ma ora della sera (ovviamente al tramonto con Jolly Jumper che guida), arrivati a destinazione, mi pareva che non potesse essere finito così. "Ok, e adesso?". Adesso niente, fine, era solo una gita. Non è proprio malinconia, quella che viene dopo. Piuttosto una sorta di saudade.
Per esempio, al primo temporale di fine estate, la sensazione, andando a letto, di non avere più solo un lenzuolo (e spesso neanche quello), finestre aperte e tendenza a mettersi a stella marina, ma di doversi acciambellare sotto la coperta leggerina che, e il motivo qualcuno me lo dovrà spiegare, fa sembrare il lenzuolo più liscio. Finisce l'estate, che peraltro non mi piace, eppure la sensazione è un po' un "E adesso?".
Insomma, tutto questo per dire che a volte un cielo con certe caratteristiche mi fa lo stesso effetto, ma a volte no, e vorrei sapere il discrimine quale sia. Anni fa leggevo di un poeta medico (o medico poeta, non lo so), di cui non ricordo il nome né la poesia in questione, solo un pezzo di verso che mi fa dubitare della correttezza del ricordo, dato che su google non l'ho più trovato (google assurto a verità inappellabile? Uhm...). Quello che ricordo era qualcosa simile a "...un immondo transmembranar di sodio, potassio, serotonina...", che mi aveva colpito più che altro per il verbo, e che lui usava per parlare di cose molto profonde che chissà quali erano. Ora, che a decidere se una sera il cielo neanche mi accorgo che ci sia, e una sera lo stesso cielo mi debba far venire il mal di gita siano una manciata di ioni che fanno le corse nel mio sottocute, beh, speravo che la mia autocoscienza avesse basi più nobili.
Ma forse mi sto affidando al medico sbagliato. Un buon dottor House tirerebbe fuori qualcosa di più esotico, per lo meno. E mi sentirei più soddisfatta.

martedì 19 luglio 2011

Verso Cambridge - 10 luglio 2011

Giornata partita male, con sciopero treni e conseguente treno Monselice - Padova soppresso, quindi corsa in auto verso Padova e meno male che era domenica e presto, quindi l'arrivo è stato in tempo. Da lì Venezia, con TRE e dico TRE gruppi di ragazzetti in viaggio-vacanza-studio tutti col loro bravo zainetto uguale uguale.
In volo avevo vicino il tipico englishman pallido e biondorosso e lentigginosissimo che mi ha raccontato di essere venuto a Venezia per cantare al matrimonio di amici che hanno pensato bene di sposarsi a Venezia, appunto, e di fare la festa in un palazzo sul Canal Grande (che lui chiamava Gran Canal, essendo inglese, non fa una piega. Tipo l' "abbandonato carro" del cartone animato di Asterix). Beh, le foto erano incredibili. Perché, sì, mi ha fatto vedere le foto. Ma non erano gli inglesi quelli che consideravano maleducato attaccare bottone con gli sconosciuti sui mezzi pubblici? Fatto sta, poi s'è messo a discutere con sua moglie (moglie?) tutto scandalizzato dei 55 milioni di sterline spesi da qualcuno famoso per sposarsi di recente (Kate Moss? Coso di Monaco? WilliamandKate? Chissà).
Viaggio in pullman Stansted - Cambridge. Piacevole. Nel senso che il paesaggio tipico di qua, poco da fare, mi piace: il cielo con le nuvole di tutti i toni, dal bianco al grigio scuro più sprazzi di azzurrissimo. Che bello. Sarò infantile, ma che bello. E una cosa che mi commuove sono le staccionate. Voglio dire, sei dentro a queste strade larghe e lunghe e con tutti che corrono (ma ordinati, siamo inglesi), ai lati hai campi e verde che vira al verde o declina tutte le tonalità di verde e cosa c'è ai lati della strada? Una staccionata. Lunghissima. Di quelle dei fumetti, o della pubblicità dell'oliocuore insomma. Che non c'entra niente, ma è commovente. E poi mi stavo abbioccando, ma per l'autoradio mi si presenta Bryan Adams con chitarrina di ordinanza e la sua summer del '69. E quindi mi son svegliata e mi son messa a pensare che lo ascoltavo quando avevo dieci anni e come passa il tempo!, che invece adesso ero lì, in mezzo alle staccionate, straniera in terra straniera, e se a dieci anni mi fossi vista che me ne vado a zonzo da sola e indipendente avrei pensato che "Wow, che figata, che donnachenondevechiederemai!", e invece la realtà era che ero lì che pensavo a tutte le paure che ho, alle paure delle cose, delle situazioni, delle paure. E così.
Poi niente, sono arrivata e benché l'autista mi sconsigliasse di andare a piedi perché a sentire lui era taaanta tanta strada, ero ben intenzionata ad arrangiarmi on foot. Anche perché le alternative sarebbero state 1. autobus (= mi perdo); 2. taxi (ma no, ignominia e pigrizia). E quindi ecco, mi son vista un po' di Cambridge, ed è tanto tanto caruccia. Però pare un po' finta. Anche se è proprio carina. L'omino della reception del college pareva finto pure lui, con tutti quei welcome e happy to have you here e Cambridge is definitely beautiful e gira pure tranquilla anche da sola che qui sei in una botte di ferro e... Ok, al muro era appeso un foglio tipo "wanted", con l'identikit di un presunto stupratore seriale che negli ultimi non ricordo quanti mesi aveva aggredito otto (otto?!?!?) persone, ma facciamo finta di niente.
Beh, in effetti Cambridge E' definitely beautiful, almeno al primo approccio. Perché poi sono andata a farmi un giretto che è partito con l'intenzione di essere solo un giretto, ma poi si è un po' allungato. Il King's college è mozzafiato. I parchi inglesi sono i parchi inglesi. I giardini sono commoventi. E anche le barchette lungo il fiume, e i salici, e le paperelle le campane le meridiane il sole che fa mille riflessi sui cancelli ... E mi son trovata a pensare che wish you were here, ma lo pensavo solo per miss R:, Zorro, Cinque e Lamarta. I primi tre perché son stata così bene in viaggio con loro. L'ultima perché non ci ho mai fatto un viaggio insieme, ma ci ho parlato prima di partire. E sicché niente, la solita malinconia per questi ricordi che non potrò condividere.
Poi ho cenato in un localino che da fuori prometteva bene, molto pub. Però aveva il tavolo (da 2) vicinissimo a un tavolo (da 2) con due tipi simil-crucchi, uno sembrava l'ispettore Derrick da giovane (ossia sempre uguale), l'altro un metallaro ingrigito, e quindi per evitare che attaccassero bottone (non sia mai! Via via, sciò!)  mi son messa a scrivere qui.
E comunque gli inglesi che dicono campana per dire conto io non li capisco...