martedì 17 agosto 2021

Il mio amico George (31)

"Avresti dovuto esserci", mi racconta, "per apprezzare come la naturalezza della domanda fosse pari solo alla sua imprevedibilità. Giochicchiava silenziosa, apparentemente distratta, con la penna; si è messa a guardare il soffitto e, come se ce l'avesse visto scritto, mi ha chiesto se quindi, dopo tutti questi anni, avessi perdonato. D'impulso stavo per risponderle che, santo cielo!, ovviamente sì.

La verità è che, sai, io non sarei in grado di spiegare cosa voglia dire perdonare. Io semplicemente dimentico, il che credo sia di gran lunga meno nobile. Onesto, questo sì, ma meno nobile".



lunedì 28 dicembre 2020

Il virus, l'Esimio e io - Christmas Edition

Attualmente siamo che covy e io festeggiamo i 35 giorni assieme (forse, nel frattempo potrei essermi negativizzata, ultimo tampone effettuato in data 18/12. Tutto il resto è un felino chiuso in una scatola con una fiala di cianuro e altra paccottiglia per fisici gattofobi). Siamo quindi che, da disposizioni, mi muovo serenamente, con le usuali precauzioni e distanze; ciononostante per tornare al lavoro preferisco avere un tampone negativo. Diciamo che in generale preferirei avere un tampone negativo, ma per ora il generale lo gestisco lo stesso, sarà che è dietro la collina.

E insomma, dato che le code al punto tamponi si sono fatte di volta in volta più impegnative, dato che il punto tamponi prevede due corsie (i.e., Non Prenotati, come ho sempre fatto finora, e Prenotati), e dato che il solerte milite che presidia l’ingresso e ritira le impegnative mi ha detto che la prenotazione è a carico del Medico di Medicina Generale (aka l’Esimio), mi sono riproposta di chiedergli un’impegnativa con prenotazione. Al milite? No, purtroppo all’Esimio.

Mi si potrebbe domandare in tono magari anche polemico: Ma ti fidi del solerte milite? La ringrazio della domanda, che mi indurrebbe ad aprire un contest dal titolo Trova qualcuno che ti risponda a una domanda sull’argomento in esame. Dove qualcuno può essere persona fisica, numero di telefono, oracolo, intelligenza artificiale, gatto.

Comunque, i dati in nostro possesso finora sono che al centro tamponi si recano, con impegnativa, sia persone prenotate sia persone non prenotate. Le prime sanno qualcosa che noi non sappiamo. Perché non chiedere a una di loro? Eh, non ci sono mai riuscita. Sfuggono come saponette, rapide in virtù della prenotazione.

Insomma, chiamo il ben noto numero della segreteria dell’Esimio. Dopo i soliti 2 di picche perché la linea è troppo occupata, riprovi più tardi, trovo una breccia ed entro nel girone di Coloro Che Sono In Attesa. E quindi attendo, attendo fino a che una segretaria (stavolta inspiegabilmente gentile e disponibile) risponde.

Io: Buongiorno, sono etc etc, volevo richiedere un’impegnativa per un tampone che attesti l’avvenuta negativizzazione, volevo capire se è possibile prenotare giorno e orario in cui farlo.
Segretaria: Mmmm… No, noi possiamo fare l’impegnativa, ma non la prenotazione.
I: Lo supponevo. L’informazione mi è stata data al centro tamponi. Lei ha idea di come si prenoti?
S: Lasciamo stare quelli del centro tamponi. Sa come ho scoperto che fino al 31 lavorano secondo gli orari consueti? (No, ammetto che non lo sapevo, ma la mia risposta non era contemplata). L’ho scoperto perché me lo sono cercata io e l’ho detto ai miei colleghi, non certo perché loro ci abbiano avvisati!
I: Capisco, sul discorso delle informazioni da mettere insieme mi creda che sono un pochino in difficoltà pure io. E infatti sono qui che mi chiedo come sia possibile effettuare una prenotazione, dato che il centro tamponi non ha un numero di telefono, loro mi rimandano a lei, che…
S: Aspetti un attimo che chiedo conferma.

(…)

S: No, le confermo che la prenotazione funziona così. Il medico segnala all’USCA la presenza di una persona sintomatica e tramite l’USCA si prenota.
I: Ah, bene, io però non ho sintomi.
S: AH! Ma è venuta a contatto con qualcuno?
I: No, no, io ho già fatto tutto l’iter, sono al 35esimo giorno, vorrei semplicemente avere una prova di negativizzazione per tornare al lavoro.
S: Ah no! Questo no! Siccome lei è uscita dal periodo di copertura, per noi lei adesso è a posto. Se ne vuole fare un altro lo deve pagare lei o glielo deve pagare il datore di lavoro.
I: Ottimo. Però le chiedo una cosa: chi mi dice che sono a posto? In teoria non dovrei avere sintomi. Nessuno mi ha mai detto se ne ho ancora. Io gli odori non li sento, e a quanto so dovrebbe essere il…
S: Non sente gli odori? Ma allora ha sintomi!
I: …però anosmia, ageusia e astenia non mi risulta siano da considerarsi sintomi.
S: Ne è sicura?
I: (Ma santo cielo, ma perché le cose vanno a rovescio?) …sì... Però gli operatori del centro tamponi mi spiegavano che in caso di positività prolungata è il medico di medicina generale che, forte della conoscenza del decorso del proprio paziente, riconosce quando i sintomi sono da considerarsi esauriti (ovviamente nel dire questa frase stavo provando molte e molto forti emozioni).
S: Quindi lei vorrebbe un documento del medico che attesti… Ma servirebbe anche la scansione di tutti i suoi tamponi?
I: Scusi? (Lo ammetto, riescono ancora a prendermi in contropiede. Ho tanto da imparare…)
S: Niente, facciamo così, la faccio richiamare dal medico appena finisce le visite.

E quindi sono ritornata giù nel girone di Coloro Che Sono In Attesa. Confesso che mi sarei aspettata una esauriente missiva, il cui oggetto avrebbe potuto essere un sibillino NO.

Invece il telefono squillò. Era l’Esimio? Giammai! Era la segretaria di prima, a dirmi che il documento vagheggiato, ciccia.

S: A questo punto è un braccio di ferro tra il medico e il datore di lavoro, capisce.

Mah, io capisco che l’espressione braccio di ferro, quando si parla del mio medico, mi sembra un tantino esagerata.
Capisco anche io che non si possano chiedere al SSN decine di tamponi, soprattutto se è il SSN stesso a dirmi: “Mia cara, ti sei fatta x giorni? Sei senza sintomi da y giorni? E allora va’ e se proprio non puoi farne a meno, fatti un tampone-party per conto tuo”.

La costante che mi lascia perplessa è l’inconsistenza dell’Esimio, con il quale non ho mai interagito direttamente in 35 giorni. Pertanto comincio a dubitare che sia una persona fisica, preferendo supporre che sia, alternativamente, un generatore casuale di mail, un oracolo guasto, un prototipo di intelligenza artificiale mal riuscito.
Un gatto.


domenica 20 dicembre 2020

Il virus, l'Esimio e io - Seconda parte

Errare è umano, perseverare è degno dell’Esimio. Di chi parlo? Ma del mio ineffabile medico di base dal momento che la saga continua.

Perché, che fare al famoso 21esimo giorno, se si risulta ancora positivi? Da protocollo, si è liberi cittadini a patto che il medico approvi la mancanza di sintomi da almeno 7 giorni. Ci eravamo lasciati qui, a quel misterioso e rabbrividente “Chiamami tra sette giorni”.

E io, puntuale e fastidiosa come le zanzare ad agosto, oggi ho chiamato.
Ho chiamato l’Esimio.
Dalle ore X alle 16: “Gli uffici sono chiusi”.
Dalle ore 16 alle 16:39: “Siamo spiacenti, ma a causa dell’elevato traffico telefonico, la sua chiamata non verrà gestita”. Succede.
Dalle 16:39 alle 16:55: “La sua chiamata verrà presa in carico dal primo operatore disponibile”.
16:55. L’operatore. La solerte segretaria.

- Salve sono etc etc, ho fatto il tampone e etc etc
- Ma lei deve fare il tampone anche al 21esimo giorno!
- No. C’è un protocollo che dice il contrario.
- Mmmm… mi lascia i suoi dati? La faccio richiamare dal dottore.

Primo step superato! È come un videogame, ho superato il mostro piccolo, ora potrò affrontare quello vero.
Dalle 16:57 alle 20:03 il silenzio. L’attesa. La speranza? Ma no, su, non scherziamo.
20:03, arriva questa email. Copincollo, perché non potrei fare di meglio.
Oggetto: consulenza.
Corpo dell’email:
a 7 giorni dall'ultimo tampone ripeti e se non ha sintomi da almenoo 7 giorni è libera.

Ora.
Ora. Io con le parole e la sintassi sono un tantino puntigliosa. Non è essere pigne (sì, sono una pigna, ma quello su tanti fronti. Cerchiamo di focalizzarci sull’uso della parola scritta). È un sintomo di rispetto, e ho sempre creduto tantissimo a Magris quando scrive che “La correttezza della lingua è la premessa della chiarezza morale e dell’onestà”. Pertanto:

1. Un messaggio ufficiale di un professionista scritto in modo così approssimativo è, a mio avviso, indice di grossolana superficialità, e anche di un pizzico di noncurante ignoranza. Può l’ignoranza non esserlo? In effetti…
2. “Ripeti e se non ha sintomi è libera”. I casi sono 2: o mi dà del tu, ma allora non capisco chi non deve avere sintomi e chi è quella sciacquetta che è libera mentre io dovrei stare in casa, oppure mi dà del lei ma allora quel “ripeti” è degno del miglior Filini. Fantozzi, ripeti lei?
3. Almenoo. Che volesse simulare un “iiiiih, ma almeno almeno almenooooooooo”. Mah.
4. Cosa dovrei ripetere?

Nel mio caso è giusto e sano buttarla in ridere, ha poco senso avvelenarsi la vita per dei cialtroni del genere. È giusto buttarla in ridere e pensare che se in 21 giorni l’Esimio non mi ha mai nemmeno chiesto al telefono come sto, forse ci ho solo guadagnato. E comunque Ippocrate sarà là che soffre molto più di me.

Il virus, l'Esimio e io - Prima parte

 Ciò che segue è, dopo due settimane di isolamento a causa del primo (giorno 0) e del secondo (giorno 10) tampone positivi, il dialogo reale tra un medico di base reale e la reale (in quanto dotata di corona) sottoscritta.

...19 minuti di attesa...

Risponde la solerte segretaria.

Io: Salve, vorrei capire la storia della possibilità di uscire a 21 giorni dal primo tampone positivo, purché in assenza di sintomi. Per "sintomi" devo...?
Segretaria: No ma guardi che lei deve comunque fare il tampone dopo 21 giorni!
Io: ...senta, può passarmi il dottore?

...attesa...

Sequestoèunmedico: Pronto?
Io: Buongiorno, tutto bene?
S: Eh, sono stufo di sentirmi fare le stesse domande da tutti!
Io: [1] Capisco. Senta, io ho il secondo tampone positivo. Da protocollo potrei uscire comunque dopo 21 giorni, a patto di non avere sintomi da 7, e...
S: Ma lei vuole uscire domani?
Io: No... Volevo capire se posso uscire tra 7 giorni ma...
S: Ma quando scadono i 21 giorni?
Io: ...tra 7 giorni, ma quell...
S: Eh ma noi come facciamo a sapere come starà tra 7 giorni?
Io: [2] Ma se devo essere senza sintomi da 7 giorni, dovrei cominciare a non averne da OGGI, e oggi ho un rimasuglio di tossetta, volevo capire se questa tossetta non va considerata tra i sintomi, come l'anosmia [3], o se...
S: Ma la sua è una domanda filosofica!
Io: ...[4]...
S: Come facciamo, se domani piove prendiamo l'ombrello oggi?
Io: Ok, senta, facciamo così: la tosse è un sintomo?
S: Mah, dipende se le dà fastidio...
Io: [5] Ok, allora le chiedo se ha qualcosa da consigliarmi per calmarla.
S: Di solito consiglio degli aerosol.
Io: ...
S: ...
Io: [6]
S: ...
Io: ...
S: Mi chiami tra 7 giorni.
Io: [7]
S: Ma lei sta lavorando?
Io: Certo.
S: Ma non lo vuole il certificato medico?
Io: Perché dovrei volere il certificato medico? Sto bene, lavoro.
S: Le fa onore! Si vede che, ahahahah, lei non è un dipendente pubblico!
Qual è la morale di questo, ahimè, dialogo realmente avvenuto? Forse che i medici di base sono cialtroni? No, ovvio. Non tutti. Il mio sì. Ma un procedimento induttivo che mi porti a generalizzare dal mio a tutti mi sembra un tantino eccessivo. E comunque io lo so che là fuori c'è il medico di base che fa per me, devo solo trovarlo, è la che mi aspetta. Me lo diceva anche mia nonna.
No, ora che ci penso mia nonna parlava del generico uomo-moroso-marito. Tra un marito e un medico decente... Mi sa che scelgo il medico decente, senza offesa.
Seguono le risposte che avrei voluto dare, ma ho una corteccia prefrontale dannatamente attiva.

[1] Inizio molto professionale. Nella prossima vita meglio se vai a fare l'aiuola spartitraffico.
[2] Elisa, hai fatto ripetizioni a gente sicuramente più refrattaria ai ragionamenti semplici, stai calmina, dai. Dai che adesso, passo passo, lo guidi. Come coi prodotti notevoli. Dai.
[3] Parola dell'anno, che non uso per tirarmela (l'ho imparata da qualche settimana) ma perché si chiama così. Ma ho paura che a lui dovrò spiegarla.
[4] Qui avevo i fuochi d'artificio, in testa, di risposte possibili.
[5] Macché! Mi diverto così tanto a tossire in faccia alla gente, specie durante le videochiamate, col microfono vicino alla bocca, e non voglio pensare ai miei poveri interlocutori. È uno spasso, risate grassissime ogni volta.
[6] Aerosol da fare evidentemente con l'aria. O con lo Spirito Santo. O col Dixan. Chissà... L'Idea dell'Aerosol. Un aerosol platonico, via.
[7] The ring, l'ho riconosciuto. Se la sera prima avesse guardato Sette anni in Tibet, o anche solo Nove settimane e mezzo, mi sarebbe andata peggio.

lunedì 10 agosto 2020

Vi sento molto bene

Ah, gli occhi. Fantastici nel funzionare ma soprattutto nel non funzionare: vogliamo non vedere qualcosa che non ci piace? Et voilà, basta chiuderli. In senso fisico, eh, niente discussioni sui grandi temi della fame nel mondo, mi limito all'infermiera mentre mi buca il braccio per il prelievo, alla scena splatter che è un po' troppo splatter, al tizio molliccio che si china a raccogliere qualcosa da terra ma evidentemente indossa dei pantaloni a vita incautamente bassissima. Basta chiuderli (gli occhi dico, non i pantaloni, quelli stanno per esplodere) o, in caso, girarsi dall'altra parte.

Perché gli orecchi non sono così, santo cielo, perché? Si potrebbe pensare, non a torto, che questa disperata e struggente domanda, da pronunciare con le mani rigorosamente rivolete al cielo, nasca dall'ennesimo pomeriggio funestato dal casino dei vicini del piano di sopra. Si potrebbe nondimeno immaginare che la sottoscritta sogni un condominio senza bambini. Eh no, non è questo. Il pargolo dell'altra famiglia è come non esistesse, il problema non sono i marmocchi, sarebbe troppo semplice. Si potrebbe pertanto dedurre che la sottoscritta sogni un condominio senza inquilini inutilmente rumorosi, che per buttare il vetro non abbiano la bizzarra abitudine di lanciare ogni singolo pezzo nel bidone (facciamolo fare ai bambini, magari, che si divertono), per esempio, che non ascoltino musica latinoamericana a volumi improponibili (in quest'ultima frase si può scegliere di eliminare, alternativamente, "latinoamericana" o "a volumi improponibili"), che... Si potrebbe concludere che una soluzione tutto sommato ovvia sarebbe rappresentata dalla casa indipendente, ma le cose non sono così semplici (perché le cose non sono mai così semplici? Immagino sia la regola fondamentale di quel contratto unilaterale che è l'esistere (sospiro...)), perché sicuro ti capita il vicino che ha N cani, o anche uno solo, ma quel cane sarà inevitabilmente il cane più stupido della storia, e abbaierà tantissimo e inopinatamente, alla luna, alla vita, a ciascun gatto che passi nel raggio di qualche chilometro, a ogni macchina furgone scooter motorino bicicletta pedone di cui senta anche solo vagamente la lontana presenza.

Signora mia, sto proprio diventando vecchia.


giovedì 27 dicembre 2018

Heisenberg, Hollywood e il caffè

Chiacchiere impreviste davanti a un caffè cattivissimo (colpa mia o, Vostro Onore, a seguito di una più attenta analisi, colpa della guarnizione della moka).
Faccio fatica a capire certe persone, per quanto le osservi, butta lì DerBär.
La so, penso. Questa la so.
Fisica. È facile, è fisica: non posso guardare un fenomeno senza con questo perturbarlo. Semplicemente stando lì, semplicemente osservando. E devo tenerne conto, se voglio cercare di interpretare ciò che ho visto o sentito.
Fisica prestata alla psicologia. Psicologia da bar, ovvio, d'altronde la moka era andata, e il bar è sotto casa, meglio berlo lì in caffè, così mi sento legittimata a dire ciò che sto per dire: Posso osservare una persona senza perturbarne il comportamento?, gli chiedo.
Pensa a Heisenberg, come me, pure lui.
Io, abbastanza calma da capire la necessità di non sembrarlo del tutto, penso sì a Heisenberg, ma anche a Walt Disney, e a Hollywood tutta. A quella Hollywood che ci ha rovinati, intendo, a quella Hollywood che ci ha abituati a un mondo che non c'è, a un mondo in qui il nostro interlocutore capisce quando un Vai via significa Resta, per l'amor del cielo, resta, ma non è così che succede, mettiamoci una mano sulla coscienza, pochissimi di noi, in pochissime circostanze, a intersecare i pochissimi di noi con le pochissime circostanze resta un insieme quasi vuoto, pochissimi di noi in pochissime circostanze sanno capire quando un Vai via significa Resta, pochissimi, e qualcuno dovrebbe dirlo, avrebbe dovuto dirlo a Walt Disney e a Hollywood che illudendoci del contrario non ci fanno alcun bene, che dovrebbero insegnarci fin da piccoli che certe presenze sono praticamente assenze, che non dobbiamo osservare, ma da cui dobbiamo imparare a proteggerci.


lunedì 19 novembre 2018

Un cane, tra coscienza e istinto

"Le bambole avevano fatto il loro corso, se capisce cosa intendo dire. Così chiesi se avessi potuto avere un cane. Nel chiederlo mi resi conto che per la prima volta, ma non sarebbe stata l'ultima, per la prima volta avrei sentito la responsabilità non solo dei sentimenti di chi mi avrebbe fatto il regalo, con l'eterno dubbio su quale dovesse essere la giusta espressione di riconoscenza, la giusta dose di sorrisi e gratitudine, anche di fronte a qualcosa di indesiderato. Per la prima volta avrei sentito la responsabilità non solo dei sentimenti di qualcuno, ma anche del regalo. Ne avrei avuto le capacità? Oscillavo tra istinto e coscienza.
Ma furono pensieri che non ebbero la possibilità di concretizzarsi: uno dei fondamentali nella mia famiglia prevedeva, ma prevede tutt'ora, che non si dovrebbe prendersi un cane se non si ha lo spazio, e ancor più dello spazio, se non si ha tempo da dedicargli".
"Lei non aveva spazio? Mi ha detto che vivevate in una casa grande..."
"Il tempo, vede, non si dovrebbe prendere un cane se non si hanno tempo e sentimenti da dedicargli. Ora proceda pure, partendo dal cane, con metodo induttivo".

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lunedì 8 ottobre 2018

1611

Se chiedere il giorno del compleanno al prossimo facesse in qualche modo parte del mio lavoro, me le sentirei dire tutte, qualcuna più probabile, qualcun'altra meno, me le sentirei dire tutte, le date del calendario. Se lavorassi all'anagrafe, per esempio, o nella segreteria di una palestra o di uno studio medico, forse chiederei date di nascita con una frequenza tale da far perdere significato ai giorni stessi.

Chiesi in modo rilassato, quasi distratto, a un nuovo collega quando cadesse il suo compleanno. Mi rispose altrettanto tranquillamente con un numero e un mese. 
La mia prima reazione fu totalmente priva di senso, mi limitai a pensare "Mi dispiace, purtroppo non puoi compiere gli anni in quel giorno, sfortunatamente non ti è consentito". Fu un riflesso, e in quanto tale non coinvolse strutture nervose ad alto livello.  
La reazione successiva fu più sfumata. Capii che aveva tutti i diritti del caso di compiere gli anni a metà novembre, ma capii anche che alcuni ricordi sono fatti per far finta di essere stati dimenticati. 

Non so far perdere significato ad alcuni giorni, non potrei lasciare andare la tua assenza, che è come un tramonto che si trascina all'infinito.

domenica 19 agosto 2018

Ministro della Divagazione e dell'Inviluppo

Per svolgere certi lavori, o per arrivare a svolgerli, credo sia inevitabile ricorrere con costanza alla menzogna e con altrettanta costanza abdicare alla propria coerenza, ammesso di averne mai avuta.

La menzogna. Se si vuole conquistare la fiducia di chi dovrà decidere se votarci o meno, e in questa conquista ci si deve confrontare con altri che promettono cose evidentemente irrealizzabili, la strada più facile è alzare la posta, e promettere a propria volta cose altrettanto irrealizzabili ma ancor più altisonanti. L'alternativa sarebbe promettere cose sensate e plausibili, ma dato che si conoscono i propri polli, e che si sa che essi amano abboccare alle mirabilia, ci si adatta alle regole del gioco, si finisce col mentire, probabilmente poi ci si abitua a farlo. E sia.
L'incoerenza. Magari mentre si promettevano le idiozie di cui sopra non si perdeva occasione di screditare gli avversari, ma se dopo aver tirato le somme su chi ha promesso di più e meglio ci si trova nella necessità di stringere accordi proprio con uno di loro, allora i precedenti colpi bassi vengono dimenticati sia dall'accusato sia dall'accusatore, tra pantagruelici banchetti di tarallucci e vino. E sia.

C'è altro su cui invece non riesco a dire un "E sia".
Sentivo un giornalista chiedere a un'alta carica dello Stato di render conto di un tragico recente episodio. In risposta la suddetta alta carica si è messa a blaterare su argomenti completamente fuori tema, snocciolando dati sulla diminuzione dei furti, degli sbarchi, della disoccupazione, mancava solo il calo del colesterolo medio pro capite.
L'abbiamo fatto tutti, credo, l'ho fatto anche io, ma avevo quattordici anni, la professoressa mi stava interrogando sull'argomento x, e io x non lo sapevo, ma invece di tacere dignitosamente ho cominciato a parlare dell'argomento x+dx, sentendo tuttavia crescere un certo senso di disagio, perché non solo non sapevo ciò che mi era stato chiesto, succede, ma stavo anche cercando di fare fessa una persona, sperando che non si accorgesse che le stavo parlando di altro. Stessa scena vissuta assistendo ad alcuni esami orali all'università, stesso imbarazzo per lo studente che tipicamente con scarsa disinvoltura tentava di fare lo gnorri, mentre un'espressione felina si dipingeva sul volto del professore di turno. Non si fa, è un espediente di un'antipatia rara, già a quattordici anni, ancora di più a venti. A quarantacinque anni è spregevole, se lo si fa da ministro sussistono ulteriori aggravanti. Chiedo ponti e mi danno sbarchi, Cristo!, perché?
Per un attimo ho immaginato con un piacere sottile che quel giornalista fosse il mio professore di analisi, lo vedevo togliere freddamente il microfono a metà frase alla presunta alta carica, guardarla con sufficienza e disprezzo, e con un sorriso glaciale farle capire l'inutilità del suo barcamenarsi tra dati e informazioni non richieste. Le avevo chiesto del ponte. Converrà che non posso darle un 18. Si presenti, se crede, alla prossima legislatura. Ma non sottovaluti l'idea di cambiare interessi. 

mercoledì 18 luglio 2018

Scelta non fatta

"E ritiene di aver fatto una scelta opportuna?"
"Non credo che userei quel termine".
"Scelta?"
"No, mi riferisco a fatto. Vede, a volte ho la sensazione che non ci sia mai stato un momento in cui una scelta, se di scelta vogliamo parlare, sia stata fatta, o presa, segnando uno spartiacque tra il prima e il dopo. Piuttosto è stato un progressivo lasciarsi andare a una possibilità ormai difficile da rifiutare. Un lasciarsi trasportare, senza dire nulla, cercando di non pensare a nulla".


Se io fossi stato interamente sincero con me stesso, avrei veduto molto chiaramente nel mio cuore che mi piaceva solo a metà venir spedito in questo modo in un viaggio tanto lungo, senza nemmeno una volta aver posato gli occhi sull'uomo che ne sarebbe stato l'assoluto dittatore non appena la nave avesse spiegato le vele al mare aperto. Ma quando un uomo sospetta qualche male accade talvolta che, se è già immischiato nella faccenda, egli si sforza insensibilmente di celare i sospetti persino a sé stesso. E fu insomma così anche per me. Non dicevo nulla e cercavo di non pensare a nulla.
- E. Melville -

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